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Published by Carlo on 21 Marzo 2012
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    Art. 2476
    Responsabilità
    L’antecedente storico dell’art. 2476 c.c. (e cioè l’art. 2392 comma III) esonerava dalla responsabilità l’amministratore immune da colpa a condizione che avesse fatto annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del cda.Orbene, non ponendo l’art. 2476 c.c. limitazioni formali, si può ritenere che l’amministratore, al fine di liberarsi dalla responsabilità, possa provare con ogni mezzo di essersi opposto al compimento di una data operazione gestionale, senza quindi che sia più necessario procedere alla annotazione nel libro relativo: ad esempio diventa sufficiente una raccomandata.
    Occorre inoltre sottolineare che la norma in commento trova applicazione sia nell’ipotesi in cui la gestione della società sia affidata ad un consiglio di amministrazione, sia in presenza di un sistema dì amministrazione congiuntiva o disgiuntiva.
    In tale ultima ipotesi, ciascun amministratore risponderà per gli atti compiuti dagli altri, qualora non avendo vigilato sull’andamento generale della gestione, non abbia impedito (esercitando il diritto di veto) il compimento di un atto pregiudizievole per la società.
    In ogni caso, se l’amministratore non ha esercitato il diritto di veto può sempre dimostrare di essere esente da colpa, in forza dell’ultima parte del secondo periodo del nuovo art. 2476.
    Il testo definitivo del primo comma dell’art. 2476 differisce tuttavia dalla bozza di riforma. Infatti mentre nella bozza di parlava di amministratore che dimostri di essere esente da colpa o che abbia fatto constare del proprio dissenso, introducendo con la congiunzione “o” due fattispecie alternative, nel testo definitivo alla dimostrazione della esenzione da colpa si aggiunge l’aver fatto constare del proprio dissenso, nel caso di cognizione che l’atto si stava per compiere, infatti la congiunzione è stata variata da “o” ad “e”.
    Quindi si possono ricostruire le seguenti ipotesi:
    1) In ogni caso l’amministratore deve dimostrare di essere esente da colpa;
    2) Nel caso in cui sia anche a cognizione che l’atto si stava per compiere, deve aver fatto constare del proprio dissenso.

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