Qual’è la soglia entro la quale chi subentra in condominio è tenuto a pagare i relativi contributi dovuti dal proprio dante causa moroso?
Risponde al quesito la Corte di Cassazione, sezione seconda, con la sentenza n. 2979 del 27.2.2012, affrontando una questione che verteva sulla possibilità, prevista dalla clausola contrattuale inserita in un preliminare di compravendita, di computare tutto quanto dovuto al condominio sul prezzo da corrispondere per l’acquisto dell’immobile.
Nella fattispecie, i promissari l’acquisto si erano accorti, dopo aver firmato il compromesso, dell’esistenza di consistenti debiti del promittente venditore nei confronti del condominio; quindi, avevano chiesto di saldarli ovvero di dedurli all’atto del rogito notarile dal prezzo finale della vendita. Al rifiuto loro opposto dal venditore, avevano promosso una causa al fine di ottenere una sentenza in sostituizione del contratto di acquisto, offrendo il prezzo concordato decurtato della morosità. Dopo aver avuto ragione in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione ha ribaltato la situazione sulla base del prinicipio che l’art. 63, comma 2, delle disposizioni di attuazione del codice civile – che limita al biennio precedente l’acquisto l’obbligo del successore nei diritti di un condomino di versare in solido con il dante causa i contributi da costui dovuti al condominio – è norma speciale rispetto a quella operante in materia di comunione (art. 1104 c.c.) la quale rende il cessionario obbligato, senza alcun limite di tempo, in solido con il cedente a pagare i contributi dovuti da quest’ultimo. Sicchè, ha concluso la Corte, anche in presenza di una clausola contrattuale con la quale il venditore si impegna a pagare prima della stipula del rogito ogni residuo debito condominiale ed anche eventuali debiti che potrebbero emergere successivamente, la responsabilità sussiste soltanto per i debiti propri (del venditore) e, comunque nei limiti dei due anni antecedenti alla vendita.
Nel caso in cui l’acquirente venga chiamato a rispondere di tali obbligazioni, in virtù del principio della ambulatorietà passiva, avrà diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa. Sul punto occorre rammentare che, con sentenza del 22.2.2000 n. 1956, la Suprema Corte ha precisato che, in virtù dell’art 63 disp. att. c.c., l’acquirente di una unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui ma non al suo posto con la conseguenza che il decreto ingiuntivo dovrà essere richiesto dall’amministratore del Condominio nei confronti di entrambe i soggetti.