La sentenza della Corte di Cassazione n. 4184/2012 rappresenta una svolta sotto diversi profili: viene affermata la rilevanza e l’incidenza diretta per il nostro ordinamento del revirement espresso dalla Corte di Strasburgo con riguardo alla nozione di “matrimonio”, che ha adesso un “nuovo contenuto”, non riferendosi più solo all’unione tra persone di diverso sesso ma anche al “matrimonio contratto da due persone dello stesso sesso”. Dopo aver ripercorso la giurisprudenza precedente, la Corte di Cassazione sulla base di questa riflessione prende atto di dovere cambiare indirizzo. Si va dal “riconoscimento” del matrimonio anche tra persone dello stesso sesso alla sua “garanzia”: viene cioè affermato esplicitamente che il Parlamento è libero di introdurre il matrimonio gay (“il suo riconoscimento e la sua garanzia… sono rimessi alla libera scelta del Parlamento”), smentendo l’interpretazione della sentenza n. 138/2010 per cui sarebbe preclusa una riforma con legge ordinaria. Viene rinnegata la categoria dell’inesistenza e viene precluso ogni futuro utilizzo della nozione di ordine pubblico internazionale. Non si tratta di una questione solo teorica. E’ vero che in Italia la prospettiva di una legge sul matrimonio sembra estremamente improbabile a breve; ma l’abbandono di ogni riferimento a divieti costituzionali (la “libera scelta del Parlamento”), alla tradizione (la Corte dà atto della recente “radicale evoluzione” rispetto ad una tradizione millenaria) e a questioni ontologiche e “di natura” (“essendo stata radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire “naturalistico”, della stessa esistenza del matrimonio”) rappresenta il crollo di un muro, la rimozione di un macigno, dalle conseguenze immediate e forse dirompenti.