La legittima difesa è prevista e disciplinata dall’art. 52 cp che testualmente dispone: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
La logica della scriminante della legittima difesa è, secondo l’impostazione tradizionale, quella della prevalenza dell’interesse dell’aggredito rispetto a quello dell’aggressore che, volontariamente, si è posto contra legem; secondo altra tesi, invece, la legittima difesa originerebbe da una delega di potere repressivo dello Stato in favore del soggetto che subisce l’aggressione; secondo un’ulteriore impostazione, invece, la logica della legittima difesa sarebbe da rinvenire nel difetto del requisito della colpevolezza in capo all’aggredito.
Dalla lettura della norma, si comprende come la scriminante della legittima difesa ruoti intorno ai poli dell’offesa ingiusta e della reazione legittima.
L’offesa ingiusta
Per quanto riguarda l’offesa ingiusta, essa deve conseguire ad una condotta umana o a un fatto di animali o cose sulle quali un soggetto abbia il potere di signoria (non è invocabile, dunque, la legittima difesa avverso atti o fatti di animali o cose prive di un dominus).
Dall’analisi della norma, il primo elemento da evidenziare è che l’aggressione può anche non consistere in un atto di violenza potendo concretarsi in un atteggiamento passivodell’aggressore ovvero in una sua condotta omissiva (si pensi alla minaccia rivolta ad un soggetto che ometta di fornire il soccorso dovuto).
L’offesa deve essere arrecata a un diritto che può anche non appartenere al soggetto che pone in essere la reazione legittima.
La Suprema Corte, sotto il profilo della consistenza della posizione soggettiva legittimante la reazione, ha evidenziato che deve trattarsi di un diritto soggettivo non essendo ammessa la legittima difesa a tutela di situazioni di mero fatto.