Le comunicazioni processuali fatte per posta elettronica devono essere riscontrate dalla parte destinataria con un atto di avvenuta ricezione, a pena di nullità.
Per la Cassazione, in accordo a una lunga serie di precedenti uniformi (dalla sentenza 8002/09 a ritroso fino alla 1690/1982) lo scopo della comunicazione delle ordinanze fuori udienza è di «rendere edotte le parti del provvedimento del giudice e della data della nuova udienza fissata» e «costituisce un requisito formale indispensabile perchè il provvedimento stesso raggiunga il suo scopo». La mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti è pertanto causa di nullità dell’ordinanza stessa (articolo 156 del codice di procedura) e soprattutto della nullità conseguente degli atti successivi del processo (articolo 159 del cpc), nullità che pertanto travolge anche la sentenza eventualmente pronunciata nel frattempo. In sostanza, secondo la Corte, la mancata comunicazione nei termini di efficacia richiesti dal codice e dalla giurisprudenza determina un’insanabile violazione del principio del contraddittorio. Un’ulteriore postilla della sentenza riguarda le modalità del riscontro del destinatario: non basta ottenere una qualsiasi risposta, ma questa deve pervenire al mittente in una forma che non sia un “replay” automatico, e la parte nel cui interesse è fatta la comunicazione dovrà anche avere la cura di stampare e conservare la risposta “consapevole” del destinatario.