L’indennita’ spettante al lavoratore nel caso di conversione del contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato ha carattere risarcitorio e copre il periodo fino alla sentenza.
A sancirlo questa volta é la Corte di cassazione con la sentenza n.1411 del 31 gennaio scorso.
La questione riguarda l’indennità introdotta dall’art. 32, comma 5, della legge 183/2010 che é prevista in caso di conversione di un rapporto di lavoro a termine in un contratto a tempo indeterminato.
La citata disposizione contenuta nel cd. Collegato Lavoro ha rappresentato un’importante principio innovativo rispetto alla disciplina previgente in quanto ha superato la previsione generale in materia di nullità (parziale, nel caso di specie) applicabile precedentemente. Nullità – occorre ricordarlo – che risultava imprescrittibile ai sensi dell’art. 1419 c.c., e che faceva conseguire a favore del lavoratore, le retribuzioni fin dalla data in cui ha offerto le proprie prestazioni al datore di lavoro (cd. mora credendi).
La norma entrata in vigore ad ottobre dello scorso anno appariva sufficientemente chiara o quantomeno non lasciava presagire il contrastato contenzioso che, in poco tempo, ha fatto scaturire.
La disposizione recita testualmente “Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.”
Ebbene i giudici di merito hanno interpretato la disposizione in maniera differente; in particolare, secondo taluni, l’indennità spettava a copertura del periodo fino all’instaurazione del contenzioso da parte del lavoratore; secondo altri, risultava omnicomprensiva anche del periodo relativo alla durata del contenzioso; altri giudici ancora, ritenevano che l’indennità fosse aggiuntiva alle retribuzioni spettanti per effetto della trasformazioni.
La questione era anche giunta alla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 303 del 9 novembre dello scorso anno (cfr), sembrava aver chiuso la vicenda.
Il giudice delle leggi, aveva escluso profili di incostituzionalità ed aveva interpretato la norma ritenendo che l’indennità fosse da ritenere a copertura di quanto spettante al lavoratore fino alla sentenza.
Tuttavia, la Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 267/2012, interveniva nuovamente interpretando la norma in maniera difforme da tale indirizzo ritenendo che l’indennità si cumuli alle retribuzioni spettanti al lavoratore dalla data di conversione del rapporto di lavoro (in realtà dalla data in cui il lavoratore aveva messo in mora il datore di lavoro). Una lettura probabilmente originale della norma.
Questa volta però è la Corte di Cassazione che interviene nuovamente sulla questione con la sentenza n. 1411 del 31 gennaio scorso interpretando la norma così come letteralmente sembra più corretto. E cioè ritenendo che l’indennità spetti a copertura del periodo fino alla data della sentenza.