Tizio ha svolto attività di agente senza rappresentanza e promotore finanziario in base all’art. 5 della legge n. 1 del 1991, per conto di una società di intermediazione finanziaria, utilizzando una propria struttura costituita da un ufficio in affitto e da due dipendenti. Essendo rimasto insolvente, egli è stato dichiarato fallito dal Tribunale di Milano. Contro questa decisione egli ha proposto opposizione sostenendo di non avere svolto attività imprenditoriale e pertanto di non essere soggetto a dichiarazione di fallimento. Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Milano hanno ritenuto l’opposizione priva di fondamento. La Corte ha rilevato che l’attività di promotore finanziario svolta da Tizio al momento del fallimento costituiva un’attività economica esercitata con carattere di professionalità e con l’ausilio di un’autonoma organizzazione; tale attività, che aveva dato luogo ad una pluralità di rapporti ed era assimilabile a quella dell’agente di commercio, rientrava tra quelle da ritenersi imprenditoriali in base all’art. 2195 numero 5 cod. civ. Tizio ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della Corte d’Appello di Milano per difetto di motivazione e violazione di legge; ha fatto presente tra l’altro che egli non amministrava i patrimoni dei clienti ma si limitava a proporre loro i servizi finanziari della SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) e ad operare sui conti come ausiliario della medesima. La Suprema Corte (Sezione Prima Civile n. 18135 del 20 dicembre 2002) ha rigettato il ricorso. L’attività del promotore finanziario – ha osservato la Corte – rientra, quando è svolta con una propria autonoma organizzazione di mezzi e a proprio rischio, tra le attività imprenditoriali ausiliarie previste dall’art. 2195 numero 5 cod. civ. , facendo inoltre notare la differenza tra le SIM che svolgono un’attività di dealing da quelle con attività di brokerage. Le prime infatti hanno un portafoglio di titoli di proprietà e quindi sono soggette al rischio di mercato perchè proprietari dell’azione trattata. Le seconde invece, negoziando per conto di terzi, vanno incontro soltanto ad un rischio operativo e di reputazione.