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LA SOFFERENZA ESISTENZIALE VIENE RICONOSCIUTA COME UN DIRITTO RISARCIBILE
6 Giugno 2012
Cassazione: regalare una minicar al figlio? E’ indice di benessere economico e fa scattare aumento del mantenimento
7 Giugno 2012
Published by Carlo on 6 Giugno 2012
Categories
  • Risarcimento danni
  • Sentenze
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    La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8655 del 30 maggio 2012, ha ribadito che “la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non essendo di carattere oggettivo, deve ritenersi volta a sanzionare l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo da lavorazione e del connesso rischio”.
    Nel caso di specie un lavoratore era deceduto per mesotelioma pleurico e gli eredi avevano chiesto il risarcimento jure hereditatis del danno biologico
    e morale sofferto in vita dal de cuius e tanto sul presupposto che il decesso era ascrivibile a responsabilità del datore di lavoro che non aveva rispettato le prescrizioni generali di cui all’art. 2087 c.c. e quelle specifiche poste dalla legislazione speciale.
    I Giudici di legittimità, respingendo il ricorso della società datrice di lavoro avverso la sentenza del giudice d’appello che accoglieva in parte la richiesta degli eredi del lavoratore, afferma che correttamente la Corte d’Appello aveva precisato che “una volta assodato che fin dagli inizi del 1900 vi era la consapevolezza della dannosità per la salute umana dell’amianto e la sua correlazione con le patologie tumorali non può ritenersi immune da responsabilità il datore di lavoro che non appronti tutte le cautele in chiave preventiva conosciute all’epoca di riferimento per il solo fatto che la patologia specifica (mesotelioma) non era stata ancora compiutamente correlata all’amianto perché, comunque, era conosciuta la pericolosità di detta sostanza indipendentemente dalla patologia che ne è derivata.”.
    In particolare la Corte del merito, con adeguata e coerente motivazione, aveva accertato che nella specie l’ambiente di lavoro in cui il lavoratore aveva svolto la propria attività non aveva i caratteri della salubrità necessari per garantire una piena tutela della salute e non risultava rispettata da parte datoriale la normativa esistente all’epoca in termini di prevenzione rispetto alla patologia che aveva determinato la morte del lavoratore, con conseguente responsabilità della società anche se tali misure preventive avrebbero potuto solo ridurre il rischio di contrarre la patologia rivelatasi letale.

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    Carlo
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