Il comodatario che per utilizzare la cosa sostenga spese di manutenzione anche straordinarie, può optare se provvedervi o meno, tuttavia se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, di conseguenza, pretenderne il rimborso dal comodante.
Al comodatario infatti non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportano miglioramenti, né sotto il profilo dell’art. 1150 c.c. poiché egli non riveste la qualifica di possessore, né sotto quello dell’art. 936 c.c. perché non intrattiene un rapporto di terzietà rispetto al bene, anche quando opera oltre i limiti del contratto, né infine sotto quello dell’art. 1595 c.c., poiché un’indennità per i miglioramenti è negata perfino al locatario, ma gli potrà essere riconosciuto unicamente lo “ius tollendi” per le aggiunte apportate al bene.
In particolare, qualora un genitore conceda un bene immobile in comodato da destinare ad abitazione della costituenda famiglia del figlio, non dovrà rimborsare le spese, non necessarie né urgenti, sostenute dai coniugi durante la convivenza familiare per l’apporto di migliorie all’abitazione coniugale in quanto l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, in seguito alla separazione personale, non fa venir meno, analogamente a quanto dispone l’art. 6 della legge 27 luglio 1978 n. 392, il contratto di comodato, persistendo l’applicazione della relativa disciplina giuridica.
Cassazione civile , sez. II, sentenza 27.01.2012 n° 1216