Costituisce jus receptum l’insegnamento della giurisprudenza più risalente secondo cui la statuizione sulle spese di giudizio sarebbe espressione di un potere latamente discrezionale del Giudice di prime cure come tale sindacabile nel giudizio di appello solo per violazione del principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa o in caso di compensazione ictu oculi irragionevole. Secondo tale impostazione, logico corollario di ciò sarebbe – almeno nel precedente ordinamento, ossia per le cause instaurate prima dell’entrata in vigore (1° marzo 2006) della novella recata dall’art. 3 della Legge 28 dicembre 2005 n. 263 all’art. 92 c.p.c. – il principio per cui, in ordine alla condanna o alla compensazione delle spese del giudizio, il Giudice è tenuto a valutare ogni elemento prima di emettere la relativa statuizione, ma non anche a indicare in modo articolato e completo le ragioni poste a fondamento della compensazione, con conseguente limitazione del potere di verifica in fase d’appello delle relative statuizioni. Tuttavia, osserva il Supremo Collegio nella pronuncia in commento, non può non osservarsi che la condanna alle spese di giudizio non ha, invero, alcun intento sanzionatorio, ma serve solo a far gravare le conseguenze della lite sulla parte che ne ha ingiustamente dato causa, secondo il canone di attribuzione alla parte vittoriosa di tutto quanto la stessa avrebbe ottenuto, tra cui il mancato sostenimento delle spese e dei tempi di giudizio, ove fosse stato corretto il comportamento della sua avversaria. Sicché, soprattutto dopo la richiamata novella dell’art. 92, comma 2, c.p.c., deve ritenersi che al Giudice che intenda compensare in tutto o in parte tali spese laddove concorrano giusti motivi, sia in ogni caso imposto di fornirne una seria valutazione, in via diretta o per deduzione dalla motivazione, in ordine alle ragioni giustificative di una tale scelta, stante anche la maggior vincolatezza che si impone oramai ex lege in ordine alla motivazione su siffatta compensazione. Nel caso di specie, la controversia era stata instaurata innanzi al Tribunale amministrativo ben prima della citata novella e dunque la statuizione di compensazione delle spese del giudizio, essendo espressione di un apprezzamento latamente discrezionale del Giudice di primo grado, non avrebbe dovuto per forza indicare le ragioni che ne erano poste a fondamento. Ciò, però, non toglie che la sentenza di prime cure ben possa essere censurata in appello, se tali ragioni risultino comunque o palesemente erronee o illogiche o, a fronte di un’eccezione specifica (come nel caso in esame) incongrue rispetto al contenuto del giudizio che tale infondatezza accerta. In conclusione, resta quindi sempre ferma la regola per cui la statuizione delle spese del giudizio, per quanto espressiva d’una lata discrezionalità è sempre sindacabile in caso di compensazione disposta con motivazione contraddittoria o inadeguata.