La Corte costituzionale, accogliendo una questione di legittimità sottopostale dal Tribunale ordinario di Ancona in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 Cost., ha dichiarato illegittimità dell’art. 1 co. 1, L. 23 febbraio 1992 n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non ha previsto un indennizzo, “alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge”, a favore di quei soggetti colpiti dalle complicanze previste dall’art. 1 stesso a causa della vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia. Con tale sentenza additiva, il giudice costituzionale si è pronunciato su un aspetto particolarmente delicato del regime di indennizzi legati ai trattamenti sanitari, ponendo sostanzialmente sullo stesso piano le vaccinazioni obbligatorie e le vaccinazioni non obbligatorie, ma fortemente incentivate dalle pubbliche autorità. Partendo da un esame della giurisprudenza della Corte stessa sul punto, è stato anzitutto ricordato che la finalità delle vaccinazioni non è solo quella di “migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato”, ma anche quella di “preservare lo stato di salute degli altri”. Su questa dimensione collettiva del diritto alla salute è incentrata, tra l’altro, “la profilassi delle malattie infettive”, per la quale sono “decisive le attività di prevenzione, dirette a scongiurare e a contenere il pericolo del contagio”, ed in particolare le “campagne di sensibilizzazione da parte delle competenti autorità pubbliche allo scopo di raggiungere e rendere partecipe la più ampia fascia di popolazione”. In effetti, in questo quadro, è “difficile delimitare con esattezza uno spazio “pubblico” di valutazioni e di deliberazioni (come imputabili a un soggetto collettivo) rispetto a uno “privato” di scelte (come invece imputabili a semplici individui)”, in quanto “i diversi attori finiscono per realizzare un interesse obiettivo? quello della più ampia immunizzazione dal rischio di contrarre la malattia ? indipendentemente da una loro specifica volontà di collaborare”. Al tempo stesso, le “diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore della pratica di vaccinazioni” creano “un generale clima di “affidamento” nei confronti proprio di quanto “raccomandato”: ciò che rende la scelta adesiva dei singoli, al di là delle loro particolari e specifiche motivazioni, di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo”. In definitiva, si consolida una “sorta di cooperazione involontaria nella cura di un interesse obiettivamente comune”, che a sua volta fa maturare un vincolo di solidarietà tra individui e collettività in base al quale, “al verificarsi di eventi avversi e di complicanze di tipo permanente a causa di vaccinazioni effettuate nei limiti e secondo le forme di cui alle previste procedure”, sarà “la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale piuttosto che non i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio collettivo”. In particolare – ed è questo il profilo su cui si basa la decisione della Corte – “resta del tutto irrilevante, o indifferente, che l’effetto cooperativo sia riconducibile, dal lato attivo, a un obbligo o, piuttosto, a una persuasione o anche, dal lato passivo, all’intento di evitare una sanzione o, piuttosto, di aderire a un invito” – come nel caso della vaccinazione contro morbillo-parotite-rosolia, che pur “non essendo obbligatoria ex lege, si inserisce in quel filone di protocolli sanitari per i quali l’opera di sensibilizzazione, informazione e convincimento delle pubbliche autorità (.) viene reputata più adeguata e rispondente alle finalità di tutela della salute pubblica rispetto alla vaccinazione obbligatoria”.
Corte Costituzionale – Sentenza 26 aprile 2012 , n. 107