Chiamati a pronunciarsi in tema di pubblico impiego, con la decisione in commento i Giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che la professionalità del dipendente in prova deve essere valutata non solo prendendo in esame la qualità e la quantità del lavoro svolto e le capacità manuali e/o intellettuali dell’aspirante dipendente, ma anche valutando le sue qualità attitudinali e comportamentali e l’affidabilità dimostrata dal punto di vista caratteriale tanto nei rapporti con il restante personale che con i terzi, con la conseguenza che il provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro per l’esito negativo del periodo di prova ben può considerarsi adeguatamente motivato qualora pur dichiarando sufficienti le capacità operative del lavoratore ne evidenzi complessivamente l’inaffidabilità dal punto di vista caratteriale e quindi l’inidoneità attitudinale a ricoprire il ruolo per cui è stato assunto in prova. Sotto quest’ultimo profilo, osserva il Collegio, deve ritenersi che in sede di giudizio di superamento (o meno) del periodo di prova, l’Amministrazione goda della più ampia discrezionalità, la quale può esprimersi quindi nella valutazione complessiva dell’attività del dipendente ai fini della prosecuzione del rapporto d’impiego, senza che sia necessaria una ampia e specifica motivazione, anche in caso di giudizio negativo; ne deriva, quindi, che il provvedimento di risoluzione del rapporto per esito negativo del periodo di prova appare pienamente legittimo anche laddove l’Amministrazione nel motivare il licenziamento esprima le proprie ragioni in forme non compiutamente descrittive dei singoli episodi ovvero delle singole occasioni nelle quali il dipendente non ha dato buona prova della sua concreta ed effettiva idoneità al servizio.