Con la sentenza in rassegna la Sezione giurisdizionale per la Lombardia della Corte dei conti, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, si pronuncia in merito alla ripetibilità o meno delle maggiori somme indebitamente corrisposte in regime di pensione provvisoria. La sentenza si segnale, in particolare, per l’ampia ricognizione sull’evoluzione della giurisprudenza contabile sull’argomento; evoluzione che ha visto passare la Corte dei conti da una posizione di totale chiusura ad una, invece, di piena tutela del pensionato in buona fede, sino ad attestarsi, con l’ultima pronuncia delle Sezioni Riunite (sent. n. 2/2012), su una posizione mediana che, unitamente al legittimo affidamento del percettore, tiene in considerazione ulteriori elementi. In particolare, secondo il Giudice contabile, sebbene il disposto contenuto nell’art. 162 del D.P.R. n. 1092/1973, concernente il recupero dell’indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, in assenza di dolo dell’interessato, debba interpretarsi alla luce della nuova disciplina dettata dalla L. n. 241/1990, di guisa che il decorso del termine posto per l’emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, consolida, in linea di principio, la situazione esistente, deve, tuttavia, escludersi che, alla scadenza del termine procedimentale previsto dalla L. n. 241 cit. e dai regolamenti attuativi di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo, in capo al pensionato si configuri in maniera “automatica” e “presuntiva” un diritto alla l’irripetibilità dell’indebito da parte dell’amministrazione. Infatti, lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l’amministrazione del diritto – dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio. Sussiste, invero, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio, nondimeno, va individuato, in ogni caso, attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo. Infine, da ultimo, il Giudice per le Pensioni della Lombardia chiarisce che, in caso di indebito di cui va dichiarata l’irripetibilità per il tempo trascorso dai fatti e per la buona fede del percipiente, alla declaratoria del diritto alla restituzione delle somme a tal titolo recuperate non segue la condanna dell’amministrazione alla corresponsione sulle stesse degli interessi legali e della rivalutazione; ciò in quanto la restituzione di somme già recuperate non costituisce erogazione a titolo di trattamento pensionistico, bensì mera reintegrazione del patrimonio dell’interessato e, di conseguenza, risultano inapplicabili i principi relativi alla corresponsione dei predetti accessori in materia lavorativa e previdenziale, di cui all’art. 429 C.p.c. e ss..