Esecuzione in forma specifica: l’avente diritto contro chi può rivolgere l’azione esecutiva? – Cassazione Civile – Sentenza 27 luglio 2012, n. 13377
Aderendo al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la Terza sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha affermato che nella esecuzione per consegna o rilascio, come nella esecuzione per obblighi di fare o non fare, la parte nei cui confronti va rivolta l’azione esecutiva è il soggetto che si trova rispetto al bene nella situazione possessoria che consente di compiere l’attività necessaria ad adempiere al comando contenuto nella sentenza di condanna. In tale situazione, anche se non è menzionato dal titolo, egli non è terzo rispetto all’esecuzione, ma ne è l’effettivo legittimato passivo e potrà far valere, eventualmente, le proprie ragioni ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. se sostiene (e dimostra) di detenere l’immobile in virtù di un titolo autonomo e perciò non pregiudicato da detta sentenza; o ai sensi dell’art. 404, secondo comma, cod. proc. civ., se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del convenuto ed essere la sentenza frutto di collusione tra le parti. In definitiva, proseguono gli Ermellini, nell’esecuzione in forma specifica, l’avente diritto, intanto può rivolgere l’azione esecutiva contro chi si trovi nella situazione materiale con il bene che gli consenta di adempiere, in quanto la sentenza di condanna produce effetti nei suoi confronti o perché è stata pronunciata contro di lui o perché, pur non essendo menzionato nella sentenza come destinatario dell’ordine, egli si trovi nella disponibilità della cosa, in forza di una situazione giuridica dipendente da quella oggetto dell’accertamento giudiziale (come nel caso della subconduzione: art. 1595, comma 3, cod. civ.) e, in linea generale, sulla base dell’art. 111, 4 comma cod. proc. civ., perché è succeduto nel rapporto controverso, in pendenza del giudizio.