Cassazione
La terza sezione civile della Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla liquidazione del danno non patrimoniale sofferto per il decesso di un familiare causato dal fatto illecito altrui (nella specie sinistro stradale). La Corte ha chiarito che la suddetta liquidazione sfugge necessariamente ad una previa valutazione analitica e resta affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito, come tali non sindacabili in sede di legittimità, se congruamente motivati. Precisamente, è stato deciso che la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di congiunto è effettuata quando si determini (come nel caso di specie) un importo omnicomprensivo, sempreché la somma complessivamente determinata risponda ai criteri di equità che ne debbono conformare la liquidazione a prescindere dal nomen iuris riferito dal giudicante alla voce o alle voci di danno che con essa ha inteso liquidare. Né, prosegue la Corte, i nomina iuris dei vari tipi di danno possono essere invocati singolarmente per un aumento della liquidazione. In particolare, non dà luogo ad una voce di danno autonomamente liquidabile quello, che, con sintagma in uso nella prassi giudiziaria, si qualifichi come “danno esistenziale”, ma che non costituisce un’autonoma categoria di danno. In altri termini, in sede di liquidazione del danno non patrimoniale sofferto per il decesso di un congiunto cagionato dal fatto illecito altrui, non sono liquidabili in via autonoma i danni consistenti nella lesione dell’intangibilità della sfera degli affetti reciproci che esistono all’interno della famiglia e nella violazione dell’intangibilità della libera esplicazione di attività realizzatrici della persona sempre all’interno del nucleo familiare.